Oltre al fastidio, l’imbarazzo di sentire prurito proprio lì, dove non è il caso di grattare: è la conseguenza di un fungo che attacca la pelle nella zona dell’inguine, specialmente, ma non esclusivamente, gli uomini. Niente di grave come potrebbe indicare il suo sinistro nome scientifico, tinea cruris; più che altro una scocciatura, come lascia intendere il nome comune: prurito del fantino.
«Si tratta di un’infezione micotica superficiale della regione inguinale e inguino-crurale, cioè che può colpire la parte interna della coscia e lo scroto negli uomini», spiega Giovanni Biondo, dermatologo dell’Istituto Dermoclinico Vita Cutis presso Palazzo della Salute – Wellness Clinic a Milano. «Fa parte della famiglia di infezioni micotiche che possono interessare mani, piedi, ascelle, piedi e inguine, appunto».
In condizioni normali, la nostra pelle ospita molti funghi che vivono senza dare fastidi, si cibano della cheratina che assorbono dalle cellule morte del derma e dai peli. Se però l’equilibrio si altera, e le condizioni ambientali sono favorevoli, i funghi possono proliferare, creare infezioni fastidiose e, in alcuni casi estremi ma poco comuni, anche dolorosi.
«La tinea cruris, come la maggior parte delle infezioni micotiche, si sviluppa in ambienti umidi, quindi colpisce in particolare modo durante la stagione caldo-umida, è più comune tra gli sportivi e ha una maggiore incidenza tra gli uomini, piuttosto che tra le donne», continua l’esperto. «Il motivo di questa prevalenza nel genere maschile è che gli uomini hanno in genere una sudorazione maggiore e più ghiandole sebacee nella zona, e questo tipo di infezione è peggiorata dal ristagno delle secrezioni sebacee. Gli uomini hanno anche più ghiandole pilifere, e i funghi si cibano anche di peli. Inoltre, statisticamente gli uomini fanno più lavori che portano a sudare e, sempre statisticamente, hanno un’attenzione inferiore all’igiene nella zona che le donne».
Il primo sintomo è la comparsa di piccole macchie rosse tondeggianti che danno prurito. Con l’aggravarsi dell’infezione, le chiazze si allargano e si congiungono fino a formare una chiazza unica che nella fase acuta è di colore rosso vivo, con il cronicizzarsi si scurisce, diventando più brunita, mentre la parte centrale dell’infezione risulta un po’ giallognola. «Se si trascura il problema», avverte Biondo, «si possono formare vescicole o pustole con escoriazione della pelle. Sono situazioni estreme, dovute a forme particolarmente aggressive dell’infezione, al prurito si associa bruciore e in casi severi si può verificare sanguinamento, ma è difficile che una persona arrivi a tanto prima di farsi vedere dal medico». Così come non è comune una complicanza del disturbo, il granuloma di Majocchi, un’inezione severa dovuta all’intromissione dei funghi all’interno dei bubli piliferi e sebacei.
La soluzione del problema può essere lunga e noiosa, ma non complicata. «L’infezione può essere causata da diversi tipi di funghi», continua il dermatologo. «I più comuni sono l’Epidermophyton floccosum, il Tricophiton rubrum e il Tricophyton mentagrophytes e la cura è sempre data da creme antimicotiche, da applicare per due o tre settimane sulla parte infetta, pulita e asciutta. Per evitare recidive è fondamentale proseguire il trattamento per una settimana o dieci giorni oltre la scomparsa dei sintomi». Fondamentale, però, è la diagnosi precisa del problema, perché le infezioni della pelle possono essere confuse tra loro. «L’occhio allenato di uno specialista è in genere in grado di distinguere già con l’esame clinico la tinea cruris da altri problemi dermatologici che le assomigliano, come, per esempio le intertrigini da candida o batteriche, che richiedono terapie completamente diverse, oppure un eritrasma, o una psoriasi invertita che richiede il cortisone», precisa Biondo. Nei casi dubbi, il dermatologo può approfondire con esami diretti della pelle infetta, eseguiti con il microscopio ottico o, se necessario, anche con le analisi dei campioni in coltura.
La cura è semplice, se pur lunga, la prevenzione anche più facile. Alcuni accorgimenti possono tenere lontano il fastidio. «Dato che i funghi amano l’umidità, il primo consiglio per evitare che crescano in modo anomalo è quello di tenere la pelle asciutta, asciugarsi bene dopo il lavaggio, utilizzare biancheria di cotone, perché i tessuti sintetici sono meno traspiranti, e bianca, perché può essere lavata ad alta temperatura e perché i coloranti non aiutano la traspirazione», spiega l’esperto. «Per evitare il contagio, invece, quando si va in ambienti promiscui, come palestre, piscine, saune, è bene evitare di sedersi sulle panche senza un proprio asciugamano, e usare detergenti antimicotici o germicidi. Anche gli animali possono trasmettere funghi, ma il contagio è meno frequente e in genere causa infezioni più aggressive. Quindi serve un po’ di attenzione anche con cani e gatti che circolano in casa».
C’è poi chi deve fare particolare attenzione, perché alcune condizioni possono indebolire la barriera cutanea, il che favorisce la proliferazione dei funghi e quindi genera infezioni. «La naturale protezione della pelle può alterarsi per semplici escoriazioni, un caso comune tra gli sportivi», approfondisce Biondo. «Oppure si può avere un sistema immunitario indebolito in seguito a una cura medica prolungata. Le persone che soffrono di diabete, specialmente se la glicemia non è ben controllata, sono più soggette a infezioni in generale, anche a quelle micotiche. Infine, è un fattore di rischio l’obesità, perché si creano pieghe nella pelle che trattengono umidità, e perché il peso eccessivo aumenta la sudorazione. Un motivo in più per cercare di tenere sotto controllo il peso corporeo».
Testo di Massimo Murianni
Ok Salute Febbraio 2020

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